Un cielo livido, tuoni
squarciano il silenzio,
A ogni passo la pioggia
cancellava rapida le orme appena create, mutando forme
,dimensioni,aggiungendo fango e acqua sino a che restavano solo masse
informi, amalgame irriconoscibili,parvenze quasi di zampate di un
leone di montagna..
Quel senza Dio errava per
il monte mentre la pioggia picchiettava incurante sul suo cranio
nudo,ed anch'egli incurante sapeva che inutile è aumentare il passo
sotto un acquazzone, poiché in ogni caso, ti bagnerai.
Fu per caso forse, sebbene
io creda che il caso non esiste, è solo un termine che danno gli
uomini a ciò che non sanno o non vogliono leggere, o forse gli Orchi
tra le nuvole, con le loro mazze tonanti scelsero di illuminare con
un lampo proprio quella fitta boscaglia in cui l'errante scorse tra
la vegetazione, verso Ovest, una figura indefinita. Il fragore del
tuono scosse le sue viscere e un altro scherzo lampante dei giganti
delle nuvole portò il chiarore del lampo,tra quella pioggia che ora
scendeva ancora più copiosa,accentuando quel rigagnolo di fumo che
saliva impavido al cielo, sinuoso ,sfidando la gravità, cercava di
farsi strada tra quella muraglia d'acqua.
Era ancora metà mattino
ma attorno a lui non vi era alcun riparo, e sebbene sapeva che sotto
un temporale inutile e affrettarsi sapeva anche, che dove c'era fumo
c'era un focolaio amico. Ma lo sarebbe stato anche l'abitante di quel
luogo? Si diresse in quella direzione, deciso a scoprirlo, lui e il
suo katana acquattato sotto il largo mantello.
Entrò laddove iniziava il
bosco, ove gli alberi si infittivano creando un mondo ancora più
oscuro, dando riparo ai piccoli e meno piccoli,predatori del bosco,
dando riparo alle Ombre.
La pioggia incessante
copriva ogni altro suono, solo il suo picchiettare sulla vegetazione
riecheggiava nel buio, d'un tratto il battito d'ali nero,di un
pipistrello nell'oscurità del bosco spezzo quella nenia e scorse
come due occhi di tigre che lo fissarono per un breve istante, tra i
rovi lì vicino. Poi nulla, e l'acqua continuò a battere quella sua
melodia.
Fu in quell'istante che un
lampo lo squassò da dentro,arroventando le viscere, bruciando il
cuore che iniziò a battere all'impazzata e il respiro si fece
profondo.
Ora le sue narici
sentivano chiaramente l'odore della legna bruciare, un profumo
intenso che si confondeva al muschio umido di quel luogo. Seguendolo
arrivò dinanzi a una costruzione cilindrica di bambù, il tetto di
rami secchi compatti. Bussò tre volte
Nessuna risposta.
Entrò con la mano sotto
il mantello pronto a ogni evenienza, ma nella piccola capanna non vi
era nessuno, solo un tatami e un calderone sul fuoco in cui,
ribolliva dello squisito stufato..il suo stomaco brontolava al
sentire tale leccornia ma non vi era il proprietario di casa e così
egli si tolse il mantello, estrasse del pane secco dalla sacca legata
alla cintola e lo impregnò in quel fumo così soave.
Sblam!! la porta si
spalancò ed entrò una figura incappucciata, l'errante si voltò
rapido, con fare fluente e sicuro, sorrise.
Un mantello di Yuta, zuppo
con un cesto con due lepri catturate di fresco, si poteva a malapena
scorgere lo sguardo dall'enorme cappuccio a punta, poiché teneva il
capo chino.
Fu sollevando il capo che
l'errante sentì il suo sangue divenire magma bollente, riconobbe lo
sguardo di tigre intravisto pocanzi nel bosco solo che ora era
illuminato dalla luce di un pugnale quel volto prima celato,e
l'acciaio scintillava mostrando le ferocia di quello sguardo carico
di follia:
“tu hai intinto il tuo
pane nel fumo, il fumo del mio stufato e ora, mi dovrai pagare”
Incredulo dapprima poi,
una parte dietro la nuca, alla base del cervelletto risuonò
all'errante come il sonaglio di un serpente.
“perchè dovrei pagarti?
Il fumo sarebbe andato comunque sprecato?”
“mia è la legna, io ho
accesso il fuoco e cacciato gli animali per lo stufato, quindi, mio è
anche il fumo e tu devi pagarmi altrimenti, ti considero un ladro”
intimò puntando verso di
lui l'affilato pugnale.
Quel senza Dio, attese
meditando veloce il da farsi poi, capì che non vi era soluzione e
rovistò nella sua sacca estraendo tre pezzi d'argento, le sue monete
Ching.
“e sia, ti sarà pagato
il tuo fumo, è giusto, dato che tuo è il tutto, la legna,la
cacciagione, la capanna,e te lo salderò al suo stesso valore”
Tirò in aria le tre
monete forate che ricaddero a terra emettendo tre suoni e disse:
“ora il debito è
saldato”.
La pioggia incalzava ma
nessuno dei due le dava conto ormai, quegli occhi di tigre ruggirono
e partirono in affondo ma
il senza Dio lo stava aspettando, sapeva che facilmente non si sarebbe arreso il padrone del fumo e andò anch'egli incontro al suo destino.
L'uno incontro all'altro.
L'uno alle spalle
dell'altro in un istante, mentre il sangue fuoriusciva dalla sua
spalla l'errante si apprestava a tagliare dalla base del collo sino
all'anca,quel corpo dagli occhi di tigre.
Ripulì il sangue dal
katana, fece un cenno col capo in segno di rispetto a quel corpo
ormai senza vita e ripose la spada nel fodero. Espirò profondo e
forte poi, chinandosi levò il cappuccio e vide quella folta chioma
rossa che si confondeva ora col sangue che si allargava formando una
pozza sempre più grande per terra. Il cuore fu come in frantumi ma
non poteva cedere al dolore, si trattava della sua vita o di quella
di una chioma rossa dagli occhi di tigre..
Certi miracoli sono come
l'arcobaleno, luce e acqua si incontrano per soli pochi istanti e
quindi non possono durare troppo a lungo.
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