lunedì 26 ottobre 2015

Seminario di Kenshindo 24 ottobre 2015

Guardo le foglie cadere, si posano senza peso sull'acqua della Martesana tra i pensionati seduti al sole sulle panchine, ciarlanti di politica, mamme che scarrozzano i nuovi nati e podisti ansiosi corrono forse inseguendo Samarcanda. Le anatre sono migrate ormai, neppure una nutria giocherella in acqua. Rumori di biciclette, rombi di motori e da un cantiere non troppo lontano, riecheggia un martello che picchia sul legno, che Milan l'è una città che produce...
Mastico amaro mentre leggo la frase di Perls: " Ci sono molti che dedicano l'esistenza a come "dovrebbe" essere la loro vita, invece di creare sè stessi". Penso a me che, nonostante stia scrivendo la mia storia, con sudore e fatica, perdendomi e ritrovandomi di continuo, sorridendo e non, poichè a volte difficile è l'apparire della felicità sul volto e nel cuore di Sisifo. Mi accorgo che il come "dovrebbe", come vorrei, lo inseguo ancora nelle mie relazioni. Lasciandomi trasportare dai "desideri" di ciò che potrebbe essere e dimentico di ciò che è, nonostante precisi sviluppi e intuizioni sull'altra, io continuo, destreggiandomi nel vento del desiderio, preda del mio stesso orgoglio che non mi fa mollare la presa. Che la mappa come la giri la giri,ti trasforma ma, sempre quella è, anche se il territorio non è mai lo stesso.

GEKKEN
La scherma libera, meraviglia dello stare, con l'utilizzo dei femori che da un senso di quiete e sicurezza, sebbene ancora a intermittenza come un motore capriccioso che non padroneggio appieno, la forza del vuoto, quello stare d'acqua che sà che può insinuarsi nei varchi come inondare impetuosa.

TAMESHIGIRI
Il taglio rituale, l'uccisione simbolica che scuote le pulsioni proonde di amore e morte,eros e tanathos.
Un avversario tosto, pesante come il tempo in cui sto vivendo ora, questo il nemico che ho scelto. Un cammino in cui "desidero" forse essere ciò che non sono; desidero una donna e una vita che differiscono da ciò che voglio e che sono io, col mio percorso e le mie scelte, le fughe, le ricerche che mi hanno condotto fino a quì, ora.

"scusa, ma ti devo uccidere"
La lama del katana, Ammazzademoni, entra in kesaghiri, il taglio verticale che divide un corpo dalla base del collo ed esce dall'anca opposta, però una parte di me, una parte remota dovuta ad assenze e piena di rancore, non preme a sufficienza e prende una linea orizzontale, divenendo un taglio do. Sento l'acciaio penetrare nelle carni come mai prima d'ora, ma è come se la sua carne fosse la mia e, forse lo è. Un lembo lascia la stuoia penzolante.
Spari, grida, odore di sangue tra le onde del mare, in quell'arrembaggio ci guardiamo, provati, esausti e feriti entrami
bi. Può bastare, non è ancora il momento ultimo semmai così si può chiamare, ci rincontreremo.

Penso a un libro che sto leggendo, in cui Recalcati cita Socrate ( o Platone?), parlando di sapere e conoscenza, di quel vuoto che non potrà mai essere colmato per il semplice fatto che non si può sapere tutto. Quel vuoto è come l'attesa a cui non puoi mettere mano, al cambiamento che devi sviluppare e difficile accontentarsi di piccole perle quando cerchi un forziere, di piccoli passi avanti e scoperte anche se ben sò, che non posso andare in ogni dove ne camminare in eterno.

Ieri sera, cercando per un giovane Lupo, vecchie canzoni punk , sentivo parti forti di me pulsare ancora, che ho cercato forse di eliminare col gioco citato da Perls, dopo un drastico cambio di rotta ma ora mi accorgo che io sono anche questo. Del resto, il mio daemon è un pirata e come, l'amico Tiziano mi fece notare, non è solo depredare, mentire,solcare libero per mari contro ogni autorità, avere una donna per ogni porto e una taverna in cui gozzovigliare selvaggiamente del rhum.. no, non solo queste le capacità del pirata ma anche la dote di cacciatore di tesori. Non è un caso che io abbia voluto vedere solo i lati oscuri del pirata, quelli politicamente scorretti ai più, e forse (ma quanti forse?) solo questi ho visto perchè questi conosco? Un altra briciola di sapere da scoprire consapevole che, ci sono limiti che non si possono varcare, o almeno, non ancora.







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